Pochi giorni fa, il 5 settembre, si è festeggiato il primo anno di canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta.
Da qualche anno m’interesso alla figura di questa santa, per il coraggio di aver praticato fino in fondo il Vangelo, con scelte di vita radicali, e per quel suo sorriso che la contraddistingue nell’immaginario collettivo, emblema della sua gioia per Dio.
Bene, mi è capitato di leggere un libro, Sii la mia luce, che raccoglie gli scritti più intimi della santa, indirizzati ai suoi padri spirituali. Lei stessa aveva esplicitamente richiesto che questi suoi testi venissero distrutti.
Saggiamente, tuttavia, comprendendo il bene e l’arricchimento spirituale che questi stessi avrebbero potuto procurare ai fedeli e ai non credenti, i padri decisero di conservarli.
Trovo sorprendente come opere del genere possano rischiare di non vedere la luce. Fortunatamente questa miniera, questo testo di mistica, sapientemente ordinato da Brian Kolodiejchuk, è stato salvato ed è giunto fino a noi.
Certo preservare dal fuoco alcuni scritti di un autrice che li avrebbe voluti veder bruciati è discutibile, si dovrebbe rispettare l’intenzione della stessa fino in fondo. Eppure… eppure… c’è da dire che madre Teresa voleva eliminarli per non sembrare superba, per non far cadere l’attenzione su di sé, per non distrarre dall’unica luce che è Cristo, come lei stessa spesso scrive. Non voleva che leggendo qualche sua riga si potesse render lode a lei piuttosto che a Dio.
La saggezza di chi l’ha seguita spiritualmente ha invece visto in quei pensieri, in quelle lettere, una profonda fede cristiana, una testimonianza paradossale per certi aspetti. Una letteratura mistica, insomma, che non meritava le fiamme, ma di essere fatta conoscere alla gente, proprio a motivo di quella spiritualità toccante di cui si fa portatrice.
A volte crediamo che le vite dei santi siano state vite beate, angelicate, proprio perché più vicine a Dio, più in comunione con lui, e da una parte questo è certamente vero. Tuttavia molti di questi uomini, di queste donne, hanno attraversato tenebre e dolori che nessun altro ha provato, il che è piuttosto paradossale poiché la vicinanza a Dio dovrebbe essere portatrice esclusiva di gioia, pace, amore infiniti etc. etc.
Per molti non è stato così e anche per madre Teresa le tenebre sono durate una vita, da quando diede inizio alla sua missione fino alla sua morte.
Per dare un’idea di che tenebre si stia parlando, basta leggere alcuni passi della madre.
«Dov’è la mia fede? Anche nel profondo, dentro, non c’è nulla se non vuoto e oscurità […] nonostante tutto, l’oscurità e il vuoto non sono dolorosi quanto il desiderio di Dio. Che cosa stai facendo, mio Dio, a una così piccola?» e ancora «Nella mia anima, io sento proprio quel terribile dolore di perdita [il senso di perdita di Dio provato da chi è all’inferno], che Dio non mi vuole, che Dio non è Dio, che Dio non esiste veramente (Gesù, Ti prego, perdona le mie bestemmie, ma mi è stato detto di scrivere tutto). Questa oscurità mi circonda da ogni lato. Non riesco a innalzare l’anima a Dio. Nessuna luce né ispirazione entra nella mia anima […] Nel mio cuore non c’è fede, né amore, né fiducia, c’è così tanto dolore, il dolore del desiderio, il dolore di non essere voluta. Io voglio Dio con tutta la forza della mia anima, ma tra noi c’è una terribile separazione» eppure più avanti «sono pronta ad aspettarTi per tutta l’eternità. […] È sparito l’amore per tutto e per tutti. Eppure desidero Dio. Desidero amarLo con ogni goccia di vita che ho in me.»
Dopo un lungo discernimento, grazie al padre gesuita Joseph Neuner, madre Teresa arriverà a cogliere in quella sua oscurità, una parte dell’oscurità provata da Gesù sulla terra, per cui dirà: «Per la prima volta in questi undici anni sono giunta ad amare l’oscurità, perché ora credo che essa sia una parte, una piccolissima parte dell’oscurità e del dolore di Gesù sulla croce.»
Di questo rimarrà convinta fino alla morte e proprio in quell’oscurità della sua anima saprà intravedere la luce accecante di Dio, che nonostante tutto continuava ad attrarla a sé.
A conferma di ciò confiderà che «da qualche parte nel profondo del mio cuore, quel desiderio di Dio continua ad aprirsi un varco nelle tenebre. Quando sono fuori, nel lavoro oppure incontrando la gente, avverto la presenza di qualcuno che vive accanto a me, proprio dentro me.»
Il lettore affrettato o non credente vedrà in queste confessioni della santa un sincero ateismo, e qualcuno è davvero caduto in questo errore, ma nulla di più sbagliato potrebbe dirsi a riguardo, poiché basterebbero alcune informazioni sulla mistica della notte oscura, tipica di molti santi e sante, per farsi un’idea più chiara di ciò che queste donne e questi uomini hanno vissuto. Anche se ad essere sinceri, ciò che ha attraversato la santa di Calcutta non è stata propriamente una notte oscura, che ha solitamente una finalità purificativa dell’anima e comunque dura per un determinato tempo. Madre Teresa visse questa situazione tutta la vita.
A mio avviso si tratta di un testo fondamentale non solo per capire l’opera e la vita di questa donna, ma per comprendere cosa possa significare essere santi, decostruendo l’immaginario angelicato e devozionalistico che spesso tocca percepire.
A supporto di questo libro, può essere utile affiancare una biografia lineare, dalla nascita alla morte, quale è quella redatta da Saverio Gaeta (S. Gaeta, Madre Teresa – il segreto della santità, San Paolo, pp. 215). Il testo in questione invece è edito dalla BUR.
Madre Teresa – a cura di Brian Kolodiejchuk
Sii la mia luce – gli scritti più intimi della santa di Calcutta
BUR
Pagg. 416
Euro 11, 00
http://www.bur.eu/libri/madre-teresa-sii-la-mia-luce/