Greta Thunberg e il tradimento dei padri

Greta Thunberg e il tradimento dei padri

La scorsa settimana si è svolto il Climate action summit 2019. Protagonisti i giovani, i ragazzi, le generazioni nascenti. Un megafono: Greta Thunberg.

La cattiveria e l’ignoranza di chi continua giornalmente a rincarare la dose su questa ragazza dal volto di bambina è abominevole e inaccettabile. Il fastidio, il prurito incontrollabile che genera, invece, la dice lunga su molti che la criticano.

Greta Thunberg è una bambina che si è assunta una responsabilità e un impegno sacri: salvare il pianeta, urlare il grido di rabbia, di sdegno, dei ragazzi, dei bambini.

L’odio che le si rivolge deve avere la stessa radice del crollo demografico: gli esseri umani, dei bambini, non ne vogliono più sapere. Non li vogliono, punto. Bisogna farsene una ragione. Non li si vuole nei ristoranti, nelle piscine, nei parchi, perché sono ingestibili, schiamazzano, disturbano, perché, appunto, sono bambini. Insomma non li si sopporta più. Figuriamoci se uno di questi bambini riesce a farsi portavoce di una campagna contro il cambiamento climatico, come potrà aumentare il prurito di coloro che, orbi nell’animo, ancora non si accorgono della follia di ciò che sta avvenendo sotto gli occhi di tutti.

Questo è Greta, una bambina che vuole salvare il mondo, e la bellezza di questa paladina su cui si sputano sentenze è che non è sola, ma è sostenuta da un esercito di ragazzi che credono come lei, fermamente, che il momento è adesso o mai più. Molti sostengono che dietro a questa ragazza ci siano i poteri forti… ed è vero, perché ogni animo che si batte per un mondo migliore deve essere necessariamente mosso da qualcosa di forte.

Le parole dei grandi, di chi ha ora il potere di fare davvero qualcosa, sono come cembali che risuonano a vuoto. Per questi giovani i loro discorsi non valgono più nulla, perché si sentono traditi dai loro padri, da coloro che avrebbero dovuto affidare nelle loro mani un mondo migliore e invece glielo stanno passando in fuoco e sull’orlo di esplodere. Per cui quel bambino non ha nulla di cui ringraziare al genitore che gli sta dando una bomba in mano, tantomeno se quello gli dirà, ancora una volta, che non è niente, che tutto si risolverà. L’unica cosa che questi adulti riescono a fare è accusare questi giovani dalla tastiera dei loro smartphone. Signori, questi ragazzi dicono di dimezzare la Co2, di rispettare l’ambiente, di averne più cura… davvero resta un mistero d’ignoranza come non possano essere temi universalmente condivisi. È come se si passasse di fianco a uno e gli si dicesse che la sua casa è sporca e in un angolo ha pure iniziato a fumare, e quello gli rispondesse che tanto pioverà e che è meglio che se ne vada per la sua strada.

Sarà pur vero che buona parte di questi attivisti si è infilato nei cortei solo per marinare la scuola, come ogni bischero, ma chi non l’ha fatto alla loro età? Soprattutto, è un motivo sufficiente per sbarazzarsi di una giusta causa?

Sarà anche vero che la loro protesta è una protesta di lusso, perché se la possono permettere, mentre i loro coetanei più poveri stanno lavorando in qualche fatiscente, insalubre luogo del pianeta, ma basta questo per affermare che non dovrebbero alzare la voce?

Si critica la loro incoerenza, li si aiuti allora a non essere incoerenti, non a parole, ma mostrando come si fa. Un buon educatore non criticherebbe l’incoerenza, aiuterebbe a risolverla.

Il senso di giustizia e di bellezza che alberga i cuori di queste giovani generazioni è commovente. L’amore nei confronti del proprio pianeta riflette in realtà un profondo amore per l’uomo, perché di salvare il pianeta probabilmente nulla ci interesserebbe se non fosse a nostro vantaggio. Salvare il pianeta dal cambiamento climatico significa salvare l’uomo, e salvare la natura, per queste anime nobili, è quanto di più ovvio e giusto si possa fare.

La sensibilità dei giovani nei confronti del corretto utilizzo delle risorse, il sempre maggior numero di loro che scelgono un alimentazione sostenibile (leggi vegetarianesimo e bio), le battaglie contro la plastica, contro lo spreco, l’attenzione ai rifiuti, dovrebbe far aprire gli occhi a quei padri e a quelle madri da cui essi si sentono traditi.

Quale padre lascia al proprio figlio una casa fatiscente, ormai impossibile da risanare? Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe? (Lc 11,11).

Perché questo sentono i ragazzi, di essere stati traditi, di aver ricevuto o di star ricevendo in eredità un posto dove si è venduto tutto, dove dell’arancia si è avanzata solo la scorza, amara. Traditi magari inconsapevolmente, senza cattiveria, da quelli che avevano la responsabilità e il dovere di lasciare un’eredità migliore.

E se nel ’68 i giovani desideravano distruggere il sistema borghese dei loro genitori, e quindi i padri stessi, oggi, cinquant’anni dopo, i giovani non vogliono eliminare i padri, ma chiedono con quanta più voce hanno di aiutarli,. di sostenerli, che da soli non ce la possono fare, perché non si trovano ancora in posizioni tali da portare un cambiamento radicale. Sottolineano che se le loro vite, di chi li ha generati, finiranno in uno, due, tre decenni, le loro, di vite, andranno avanti ancora a lungo, per alcuni altri cento anni. Ma allora, nel futuro non così lontano, che mondo sarà? I figli di questi giovani, senza retorica, che mondo erediteranno?

Le parole dei Bolsonaro, dei Trump (i padri) e di chi come questi ritengono ancora che il mondo sia solo un pozzo da cui attingere finché è finita l’acqua, non si rendono conto del passaggio epocale che deve affrontare l’umanità, ossia la necessità di ragionare non più come singoli individui o stati sovrani, ma come specie umana. Per questo l’Amazzonia è di tutti, così come il Mediterraneo, le fertili campagne e i mari ricchi di pesce, per questo esse stesse sono, senza carta che lo dichiari, patrimonio dell’umanità. Non può più esistere, perché non più sostenibile, mio/tuo, deve iniziare a esistere nostro. Senza scadere in inutili utopie.

È questo che Greta Thunberg & Co. hanno capito ancora prima di chi li ha messi al mondo. E ci sono arrivati da soli.

Inutile anche dire a questi giovani attivisti che il modello che propongono non è sostenibile, perché saranno giovani, ma non sono scemi. Sanno benissimo, per esempio, che il 50% della popolazione europea è in sovrappeso e un altro 20% soffre di obesità, oltre al fatto che il 20% del cibo prodotto in Europa ogni anno viene sprecato, buttato. Sanno anche che più del 70% della superficie agricola dell’Unione europea viene utilizzato per produrre mangimi e foraggio per animali.

Se è questo il modello di cui parlano alcuni, allora sì, quello che propongono i giovani non sta né in cielo né in terra. Ma allora bisogna chiedersi se un modello che genera così tante persone in sovrappeso (cioè che mangiano più di quello che dovrebbero) sia davvero migliore di uno in cui si propone di diminuire questo problema, offrendo una vita più sana sotto tutti i punti di vista.

Qual è il modello giusto, quello dove si produce più cibo del necessario o quello in cui si produce la giusta misura per ciascuno?

È inutile anche tirare fuori la solita, ricorrente scusa, dei paesi in via di sviluppo, che avrebbero il sacrosanto diritto di usare tutta l’energia fossile di cui necessitano in virtù del fatto che la civiltà occidentale l’ha utilizzata fin dagli albori della rivoluzione industriale. Il problema è che quasi trecento anni fa non si conosceva l’impatto a lungo termine che l’abuso delle risorse fossili avrebbe portato al nostro pianeta. Oggi non solo lo si conosce, ma se ne stanno pagando già le tremende conseguenze. Pertanto il loro utilizzo non è giustificabile, punto. Semmai proprio perché l’Occidente ha potuto godere anzitempo di questo essere partito in anticipo, arricchendosene, si dovrebbe sostenere in maniera alternativa chi di quelle risorse non può più prendere parte.

Sanno, questi giovani, che chi inquina di più oggigiorno sono la Cina e l’India, per cui non vale la pena dire loro che stanno facendo la morale all’occidente, perché loro non vogliono fare la morale a nessuno, ma dire al mondo intero di cambiare, di cercare altre vie, gridano il loro bisogno di essere aiutati.

Greta Thunberg non ha detto nulla di nuovo, né tantomeno trovato la soluzione al problema, ha solamente alzato il volume di una stazione radio da cui da decenni usciva la voce della ricerca scientifica, della verità più sconcertante che l’umanità ha probabilmente dovuto affrontare. Avrà anche tutti i suoi difetti, contraddizioni e così via, ma bisogna davvero ricordare che questa ragazza ha appena sedici anni?

La verità fa male, perché comporta sempre un bisogno di rinunciare a qualcosa, di farsi un po’ da parte, di rinunciare a se stessi, di passare da una concezione dell’essere umano non più come singolo ma come comunità. Dall’uomo alla specie umana. Non più mio, ma nostro.

Nonostante il borbottare dei grandi, dei genitori, di chi crede che voler salvaguardare l’ambiente sia una questione di sinistra o un capriccio da viziati che non hanno altro da fare, a questi giovani, a queste generazioni che non sognano, ma vogliono concretamente un mondo migliore, sono rivolte le parole di un maestro dei nostri tempi, anche lui accusato, deriso, da chi un mondo migliore forse non lo vuole proprio:

  « Desidero esprimere riconoscenza, incoraggiare e ringraziare tutti coloro che, nei più svariati settori dell’attività umana, stanno lavorando per garantire la protezione della casa che condividiamo. Meritano una gratitudine speciale quanti lottano con vigore per risolvere le drammatiche conseguenze del degrado ambientale nella vita dei più poveri del mondo. I giovani esigono da noi un cambiamento. Essi si domandano com’è possibile che si pretenda di costruire un futuro migliore senza pensare alla crisi ambientale e alle sofferenze degli esclusi. » Laudato si’ n. 13

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