Il verbo “seguire”, to follow in inglese, è il verbo del momento, almeno per quanto riguarda i giovani e tutti quelli che utilizzano i social network. “Segui anche tu”, “Segui questa pagina”, “Segui” e follow, follow, follow. Facebook, Twitter, Instagram.
Tutti seguiamo qualcuno, perché ci pace, perché crediamo che abbia qualcosa di davvero speciale da dire, perché ci fa sorridere. Perché ci ispira. Seguire qualcuno, oggi, sembra essere diventata una necessità, un bisogno incontrollabile a volte, ma non per questo da demonizzare.
Non poteva pertanto essere più azzeccato il versetto-guida del Mladifest di Medjugorje, il festival dei giovani che si svolge da trent’anni nel paesino della Bosnia-Erzegovina, conclusosi qualche giorno fa.
I frati, insieme agli organizzatori, hanno giocato bene sulla terminologia social-mediatica utilizzata dai giovani di tutto il mondo. Quel Follow me stampato su migliaia di t-shirt, visto e letto un po’ ovunque e che dà il nome all’inno di questo festival, ha avuto un unico obiettivo, quello di stuzzicare gli spiriti, apertamente, senza giri di parole, per chiedere: ragazzo, ragazza, tu che ami la vita e ne succhi tutto il midollo, tu che segui amici, idoli, brand, chi vuoi seguire davvero nella tua esistenza? Dietro quali passi intendi veramente metterti dietro?
Come, follow me, dice Gesù al giovane ricco, vieni, seguimi (Mc 10,21), abbandona tutto, lascia le tue ricchezze, avrai un tesoro inestimabile nei cieli. Un invito ad una scelta radicale, necessaria per seguire pienamente il Maestro e per questo rifiutata da quel ragazzo del vangelo troppo ricco per lasciare ogni suo avere. Ciò non significa tuttavia uscire dal suo amore, poiché Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse…
L’amore di Dio precede ogni sequela, non è necessario seguire per essere amati, Dio ama già, il suo non è un do ut des. Semmai l’invito di Gesù, in quell’occasione, era rivolto alla vita perfetta, santa: Se vuoi essere perfetto, va’, vendi ciò che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro nei cieli (Mt 19,21).
Questa radicalità evangelica è quanto proposto ai giovani che si sono accostati al festival.
Se i giovani desiderano seguire qualcuno attraverso i social-media è anche perché l’uomo ha da sempre desiderato guide, qualcuno che potesse ispirarlo, indicargli una strada.
Ma nella vita, soprattutto in quella del cristiano, chi è la vera guida, la vera via? Tre perle autobiografiche che Gesù stesso ci ha lasciato possono bastare a spiegarlo: Io sono la via, la verità e la vita (Gv 14,6).
È quello che si è respirato nei giorni del festival a Medjugorje, dove migliaia di giovani si sono riversati in un villaggio sperduto tra le rocce per dire: Sì, Signore, ti seguo. Mi fido di te.
Lo si poteva cogliere dalla gioia sincera dei loro volti, nella gentilezza dei gesti, nei sorrisi e nell’amore fraterno, palpabile e autentico, che ci si scambiava. Tutti erano pronti ad aiutare tutti. Tutti si salutavano. Tutti pregavano. Tanti piangevano (di gioia). Tanti cantavano. Tanti ballavano. Tutti sorridevano.
Un paese intero sembrava essere diventato il preludio magnifico alla Terra Promessa.
Il caldo, asfissiante laggiù, non ha fermato questo popolo giovane di Dio.
Non vi era una nuvola in cielo, eppure passeggiando intorno alla chiesa, osservando i sacerdoti in ogni angolo, in ogni panchina, in ogni muretto, guardando le file numerose di chi rimaneva in attesa, a rimuginare e sputar fuori i propri peccati, come si fa con il veleno, ecco, nonostante la calura e il cielo terso, si percepiva la pioggia di misericordia scendere copiosa, sganciata come acqua di refrigerio dalle mani dei pastori. Una pioggia che si tradiva nelle lacrime di chi si era liberato da macigni, pesi impossibili per gli uomini.
Giovani veri, scanzonati, senza troppo timore di essere giudicati dai più anziani, giravano a torso nudo, mentre le ragazze, con abiti leggeri, facevano voltar la testa dall’altra parte ad alcuni moralisti immortali, mentre ad altri la facevano girare verso di loro. Certi piantavano tende. Altri un’amaca vicino a una formella della Via Crucis. E poi famiglie di giovani ricche di bambini e dei loro giochi.
Finché veniva sera e come gente che non sa dove dissetarsi, ci si trovava nello spazio retrostante alla chiesa, a bere e gustare la Parola e il pane dell’eucarestia, mentre il sole al tramonto, accendeva cieli senza fine.
Poi eccoli uscire, i pastori, come un esercito di pace (gioco d’intrecci paradossali, ma pur veri) verso la folla, verso quei giovani che, nonostante si dica, hanno una sete tremenda di Dio. In fila, in pace, nella gioia, l’incontro mistico e misterioso di comunione con Lui. Nell’aria la melodia struggente di You are.
Canti d’amore salivano dalle corde calde di giovani innamorati. Il sole ormai sceso lasciava le praterie del cielo alle luci d’argento delle stelle. Quieti si faceva ritorno al proprio posto, che era una panca di legno o un quadrato d’erba sui cui sedersi. Una strana commozione saliva dal cuore alla mente ed era di nuovo la lacrima che non si tiene, a farsi portavoce della gioia inestimabile penetrata in ciascuno di quei cuori.
Come, follow me.
* La canzone You are, del gruppo musicale Agnes, si può trovare su Youtube. La versione originale s’intitola Eres.