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di Alberto Trevellin
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«Prof., questi sono fatti davvero al rovescio».
I ragazzi, i miei alunni, sono fantastici. Con una frase, a volte con una battuta, cambiano prospettive, gettano luce su punti di vista inaspettati.
Se n’è uscita così una mia allieva, mentre discutevamo di san Francesco d’Assisi e simili, di chi, come lui, ha lasciato tutto per seguire il buon Dio.
Questi uomini e queste donne, proclamati santi e beati dalla chiesa, sono veramente come ha detto quella ragazza. Forse l’avrà detto con una certa inconsapevolezza, ma allo stesso tempo è innegabile che sia arrivata dritta al punto: i santi sono i cappottati da Dio.
Nella nostra mente dovrebbe ora balenare l’immagine della crocifissione di san Pietro, quella di Michelangelo, dove Cefa guarda torvo chi lo osserva da fuori. Pietro, uno che fu cappottato dal Figlio di Dio lungo il Mare di Galilea e tale è rimasto fino alle decisione di farsi crocifiggere a testa in giù, per umiltà, segno concreto della vita rovesciata.
Oppure dovrebbe venirci in mente san Paolo, uno dei cappottati per antonomasia, che viene sbalzato da cavallo. Ma negli Atti degli Apostoli, meraviglia della tradizione iconografica, non si accenna a nessuna caduta da cavallo. Di cavalli non c’è traccia alcuna. Nemmeno di cavalieri. È Paolo stesso a dirci che, più semplicemente, cadde a terra folgorato da una luce accecante.
Non potendo qui disquisire sul motivo per cui l’iconografia successiva ci ha mostrato l’apostolo delle genti mentre veniva disarcionato, vogliamo piuttosto riflettere sul suo cadere a terra. Da cavallo o da solo, non c’interessa.
Dal modello paolino, ma potremmo farlo con tanti altri, riusciamo infatti a dedurre una dato di fatto: quando l’uomo incontra Dio, nel mezzo del cammin di nostra vita, quando gli si piazza davanti, sulla strada, egli rimane abbagliato, una luce inumana lo travolge e quello cade a terra. E da quella terra su cui è caduto, rinasce, ma rinasce dall’alto, perché qualcuno dall’alto l’ha steso a terra e da lì vuole farlo ripartire.
Con i santi, i beati e tutta quella moltitudine di umili fedeli, accade questo. Essi incontrano Dio, chi prima, chi dopo, alcuni molto tardi, e vengono ribaltati. È una vera rinascita, un vero essere fatti nuovi. Ma al rovescio.
Se prima l’uomo aveva condotto una vita come tutti, dopo l’incontro personale con Dio egli non vive più come un “diritto”, ma piuttosto come un “piegato”, uno che è stato incrinato dalla grazia.
Questo ribaltamento della propria esistenza comporta due fondamentali novità.
La prima è che, non essendo più un “diritto”, non guarderà più nessuno dall’alto, non si macchierà più di superbia e non vorrà più nessuno come suo servo. Il suo scrutare il mondo dall’alto in basso è, infatti, terminato.
Di conseguenza, ed è la seconda novità, egli avrà la testa dall’altra parte, dalla parte della terra, perché Dio l’ha rovesciato, l’ha convertito. Da lì avrà una visione nuova degli uomini, gli sembreranno tutti più grandi di lui, davvero creature fatte poco meno di un Dio (Salmo 8). Avrà una visione umile (humus), quella della terra, che si fa calpestare per reggere il passo a volte graziato, a volte sgraziato, degli uomini.
Il santo, perché quello è diventato, non cercherà più di farsi servire, ma dalla posizione in cui l’ha messo il Signore, si farà servitore lui stesso. La santità si sintetizza, forse, proprio in questo: non più nel desiderio di essere serviti, ma di mettersi al servizio degli altri. Non più il vedere l’altro come strumento dei propri egoismi, ma come fratello in cui s’intravede il bagliore di Dio, quello stesso bagliore che l’aveva fatto cadere a terra.
Il suo, insomma, sarà uno sguardo di radicale umiltà, che avrà come orizzonte non più l’ io, ma dio, e conseguentemente ogni uomo e donna, che non gli parranno più semplicemente come gli altri, ma davvero come fratelli e sorelle.
Questo stile di vita, quello proprio della santità, è l’unico che può rendere migliore la condizione degli esseri umani, perché implica la rinuncia a sé stessi, per fare qualcosa di grande per gli altri.
Ecco perché i santi sono, per noi tutti, come fari che ci richiamano dalle tenebre dell’abisso, verso la terra su cui sono ancorati, terra di Dio. Ecco perché Dio manda i rovesci, per spronare tutti a rovesciare, a convertire, lo sguardo sul mondo e sugli uomini.